Vite (non troppo) immaginarie.
Una garbata ironia e una tenera indulgenza verso le cose del mondo sono la chiave di lettura di questi racconti, sempre tenuti sul labile confine che divide la realtà dal paradosso. Nella raccolta, lieve e delicata, quadretti comico-surreali si alternano a più meditate situazioni di tipo esistenziale: il camionista filosofo, l’ideatore di un sussidiario universale privo di inganni per il prossimo, un bambino nato già vecchio sono solo alcune delle figure al centro di vicende insolite e curiose che ci parlano di un senso della vita diverso e al tempo stesso appassionato attraverso un interessante nonché utilissimo messaggio di resilienza.
L’autore ci offre un testo originale e arguto tutto giocato sui personaggi e lo scambio di ruoli così come avviene, ad esempio, con il racconto di un’improbabile quanto rara amicizia fra il cultore di vini, amante della buona cucina, e l’amico sportivo ossessionato dalla forma fisica, o con la storia del fabbricante di biciclette e l’esperto in ristorazione che, stanchi dei rispettivi lavori, finiranno per scambiarsi le reciproche attività. Tipi bizzarri tutti, o forse no, veri e propri eroi di questi nostri tempi inquieti.
Il pensiero d’ogni mattino era sempre lo stesso: smettere. Sapeva ormai di non esserne capace.
Aveva provato di tutto, ma aveva sempre rinviato. La data del grande passo era sempre posposta: il prossimo anno, quando mi sposo, quando nasce mio figlio, quando compio quarant’anni, il prossimo Natale, la prossima Pasqua, la prossima Quaresima (per molte Quaresime consecutive), al diciottesimo compleanno del mio primogenito, del secondo, del terzo.
Il risultato era sempre, miseramente, lo stesso.
L’autore ci offre un testo originale e arguto tutto giocato sui personaggi e lo scambio di ruoli così come avviene, ad esempio, con il racconto di un’improbabile quanto rara amicizia fra il cultore di vini, amante della buona cucina, e l’amico sportivo ossessionato dalla forma fisica, o con la storia del fabbricante di biciclette e l’esperto in ristorazione che, stanchi dei rispettivi lavori, finiranno per scambiarsi le reciproche attività. Tipi bizzarri tutti, o forse no, veri e propri eroi di questi nostri tempi inquieti.
Il pensiero d’ogni mattino era sempre lo stesso: smettere. Sapeva ormai di non esserne capace.
Aveva provato di tutto, ma aveva sempre rinviato. La data del grande passo era sempre posposta: il prossimo anno, quando mi sposo, quando nasce mio figlio, quando compio quarant’anni, il prossimo Natale, la prossima Pasqua, la prossima Quaresima (per molte Quaresime consecutive), al diciottesimo compleanno del mio primogenito, del secondo, del terzo.
Il risultato era sempre, miseramente, lo stesso.