Non avevo mai creduto alle storie delle cicogne e dei cavoli. Che i bambini venissero dalla pancia, ero sempre stata sicura, per il semplice fatto che avevo constatato che prima dell’evento c’era e poi non c’era più. La cosa tuttavia mi metteva qualche dubbio: infatti io spesso mi chiedevo se anche gli uomini potessero avere dei bambini dal momento che mi era capitato di vederne alcuni col ventre grosso e tra questi anche mio padre. Ma non mi era mai capitato di rivedere gli stessi senza pancia perciò il dubbio rimaneva.
La Maestra si tranquillizzò. Aveva scovato il segreto del Professore… ma qualcosa le sfuggiva. Come mai aveva incontrato il Curato appoggiato alla porta interna quella notte?
Capii subito che era un originale. Il tempo mi aveva insegnato a tacere, a riflettere credendo alla presenza dei corpi, al loro linguaggio inconfondibile.
Il ricordo vivido, a tratti crudo, della numerosa famiglia di Olinto “ad Baracaun”, che in dialetto romagnolo significa “uomo scherzoso”, e delle figure che le ruotano intorno, è anche la memoria di un’Italia (o Romagna) del dopoguerra, dove le formule magiche e le filastrocche si fondono nella tenacia del quotidiano, contro la miseria, il fascismo, l’ignoranza. (Elisabetta Randi)
La scrittura è sublime, bellissima, scorrevole. (Angelo Leva)